ANTIFRAGILITY LAB /

Progetto

Diari dell'Adriatico

Passati vicini e futuri diversi tra Albania, Croazia e Italia

#transitioningSpaces
Coordinamento

Simonetta Armondi

Gruppo di ricerca

Agim Kërçuku, Chiara Nifosì, Luka Skansi, Frida Pashako, Francesco Defilippis

Periodo

2024 / 2025

Interrogandosi sul significato della nozione di “perso” e di “territorio” (acqua, suolo, città come insediamento fisico, città/territorio come processo, ecc.), la ricerca si concentra su due contesti. Il primo che si estende dall'Italia all'Albania (Puglia-Mar Adriatico-Albania centrale), due nazioni legate da una passata relazione coloniale che conserva ancora alcune tracce vive. Il secondo sul confine terrestre italiano orientale tra Italia e Croazia (Trieste-Fiume-Gorizia).

Pubblicazioni

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I processi storici di urbanizzazione, di estrazione capitalistica delle risorse e di occupazione/organizzazione geopolitica ereditati dal passato, alimentano il presente all'interno di narrazioni dominanti legate allo sviluppo economico e industriale del presente. Tali narrazioni selezionano ciò che è fragile da ciò che non lo è, attraverso tattiche di omissione e dimenticanza. Interrogandosi sul significato della nozione di “perduto” e di “territorio” (acqua, suolo, città come insediamento fisico, città/territorio come processo, ecc.), la ricerca si concentra su due contesti. Il primo che si estende dall'Italia all'Albania (Puglia-Mar Adriatico-Albania centrale), due nazioni legate da una passata relazione coloniale che conserva ancora alcune tracce vive.  La proposta di ricerca assume quindi una prospettiva decoloniale sui territori dimenticati e sui territori contesi (Istria e Dalmazia), partendo dal mare Adriatico e osservando la colonizzazione e le rappresentazioni contestate, per cercare di riorientare il nostro sguardo su tali spazi. Gli impianti petroliferi e industriali sono il punto di ingresso che permette alla ricerca di comprendere lo sfruttamento e l'estrazione.

Il gruppo di ricerca multidisciplinare coinvolge i settori della geografia, della pianificazione e della storia dell'architettura. Per questo motivo, la ricerca implica metodologie multi-situate che lavorano su questi casi di studio partendo i) da una dimensione d'archivio (mappe, documenti di pianificazione, immagini, video, interviste e testi e notando come le rappresentazioni sono inquadrate e colonizzate); ii) dall'osservazione diretta di questi luoghi, con i loro aspetti multisensoriali, non solo visivi, ascoltando e interagendo con i loro attori. Ci proponiamo di fornire spunti per decolonizzare lo sguardo su questi luoghi, svelando rappresentazioni geopolitiche contestate e assumendo un punto di vista che sovverta le narrazioni di questi territori dall'interno per evidenziare pratiche generative già in atto, risorse latenti e potenzialità contestuali di questi luoghi dimenticati.

La principale traiettoria di riferimento, l'opzione decoloniale, ci aiuta a definire una nuova interpretazione per leggere il Mare Adriatico e i territori perduti in un “quadro antifragile”.  L'approccio decoloniale permette alla nostra proposta di ricerca di identificare come, perché e con quali effetti certe forme di spazialità, di conoscenza e di essere nel Mare Adriatico e nei territori sono perse, fragilizzate ed escluse. Tuttavia, essere persi e dimenticati non significa essere morti. Possiamo infatti osservare le crepe e le ferite dello sfruttamento delle risorse modellate dal capitalismo industriale e dai regimi politici e riconoscere un potenziale antifragile in quegli spazi che può cambiare gli scenari futuri.

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